Sono nata in campagna, dove ho passato i primi 10 anni della mia vita.
Molti ricordi di quel tempo sono legati ad una cucina, quella della mamma, quella delle nonne dove, soprattutto in inverno, si svolgeva la maggior parte della nostra vita, o anche l’originale ed abbastanza angusta cucina della zia.
Nella grande cucina della vecchia casa di famiglia passavamo le serate quando ancora non sapevamo che cosa fosse la televisione ma, credetemi, non ci annoiavamo affatto. Su quel tavolo dal piano di marmo una sera mio padre preparò delle caramelle con lo zucchero fuso, rossastro e trasparente, mentre noi bambini lo guardavamo ammirati ed impazienti.
Allora andavamo a scuola sia la mattina che il pomeriggio ed ogni mezzogiorno all'ora di pranzo andavo dai miei nonni paterni che a due passi dalla scuola avevano una rivendita di vino con annessa osteria. Sulla sua cucina a legna, una bellissima cucina economica di ghisa nera, la nonna preparava sempre un primo piatto in quantità molto abbondanti che era il piatto del giorno offerto agli esercenti, quasi tutti abituali, che si fermavano a mangiare da lei.
La casa proponeva soltanto un primo e chiunque volesse anche un secondo era usanza diffusa che lo portasse lui stesso, di solito cose rapide come un pezzo di salsiccia, due uova o qualche fettina di carne appena acquistata al mercato o in macelleria, e che se lo facesse cucinare da mia nonna che era una cuoca di grande talento.
Tra i suoi menu comparivano ottimi minestroni, una trippa che era rinomata in paese ed anche dei buonissimi gnocchi di patate che condiva sempre con il sugo di pomodoro. Ma soprattutto erano apprezzati da tutti i suoi ravioli di carne nel cui ripieno metteva anche degli amaretti.
Alcuni dei piatti più tradizionali della mia famiglia li ho appresi da lei.
Ed a 13 anni durante una vacanza vicino al passo della Presolana ero già io la cuoca di famiglia quando mia madre doveva assentarsi. In quell'occasione una sera mi inventai delle frittelle di pane con le mele e l'uvetta. A quell’età, comunque ero già abilissima in tutte le versioni di scaloppine, nella preparazione delle tipiche polpette di carne lombarde o delle più comuni minestre e sughi.
Avevo circa 15 anni quando incominciai la mia prima collezione di ricette, scritte a mano ed in parte anche disegnate. Era un album dalla copertina blu che non riesco più a trovare ma che ricordo bene. Annotai su quelle pagine le ricette che ci preparava la cuoca di casa, una gentile ed esile donna friulana che nella sua vita era stata a servizio in diverse parti d'Italia imparandone ogni volta le ricette locali. Lei mi insegnò a preparare le Zeppole napoletane dette di San Giuseppe e il vero Strudel di mele.
Certo mi incuriosivano le ricette che non facevano parte della tradizione lombarda e familiare, ma più di tutto mi interessavano le tecniche per la loro preparazione, i segreti della cuoca, per così dire, quelli che impari soltanto sul campo vedendo come si fa e provando sotto la guida di un occhio esperto.
Qualche tempo dopo avviai una nuova raccolta che conservo ancora e nella quale insieme a spunti, preparazioni e ricette anche internazionali cominciai ad aggiungere annotazioni storiche, nutrizionali ed a volte addirittura curative: era già l'avvio di un progetto che allora non mi era ancora del tutto chiaro ma che non si è più interrotto e che ha portato al desiderio ora avviato di scrivere libri su questo argomento.
Così sono nati i miei libri Cucina Mediterranea. La Storia nel Piatto
e Mediterraneo - In viaggio tra Storia e Gastronomia
Se questi libri avranno successo, soltanto il tempo lo dirà ma ... incrociamo le dita.
Molti ricordi di quel tempo sono legati ad una cucina, quella della mamma, quella delle nonne dove, soprattutto in inverno, si svolgeva la maggior parte della nostra vita, o anche l’originale ed abbastanza angusta cucina della zia.
Nella grande cucina della vecchia casa di famiglia passavamo le serate quando ancora non sapevamo che cosa fosse la televisione ma, credetemi, non ci annoiavamo affatto. Su quel tavolo dal piano di marmo una sera mio padre preparò delle caramelle con lo zucchero fuso, rossastro e trasparente, mentre noi bambini lo guardavamo ammirati ed impazienti.
Allora andavamo a scuola sia la mattina che il pomeriggio ed ogni mezzogiorno all'ora di pranzo andavo dai miei nonni paterni che a due passi dalla scuola avevano una rivendita di vino con annessa osteria. Sulla sua cucina a legna, una bellissima cucina economica di ghisa nera, la nonna preparava sempre un primo piatto in quantità molto abbondanti che era il piatto del giorno offerto agli esercenti, quasi tutti abituali, che si fermavano a mangiare da lei.
La casa proponeva soltanto un primo e chiunque volesse anche un secondo era usanza diffusa che lo portasse lui stesso, di solito cose rapide come un pezzo di salsiccia, due uova o qualche fettina di carne appena acquistata al mercato o in macelleria, e che se lo facesse cucinare da mia nonna che era una cuoca di grande talento.
Tra i suoi menu comparivano ottimi minestroni, una trippa che era rinomata in paese ed anche dei buonissimi gnocchi di patate che condiva sempre con il sugo di pomodoro. Ma soprattutto erano apprezzati da tutti i suoi ravioli di carne nel cui ripieno metteva anche degli amaretti.
Alcuni dei piatti più tradizionali della mia famiglia li ho appresi da lei.
Ed a 13 anni durante una vacanza vicino al passo della Presolana ero già io la cuoca di famiglia quando mia madre doveva assentarsi. In quell'occasione una sera mi inventai delle frittelle di pane con le mele e l'uvetta. A quell’età, comunque ero già abilissima in tutte le versioni di scaloppine, nella preparazione delle tipiche polpette di carne lombarde o delle più comuni minestre e sughi.
Avevo circa 15 anni quando incominciai la mia prima collezione di ricette, scritte a mano ed in parte anche disegnate. Era un album dalla copertina blu che non riesco più a trovare ma che ricordo bene. Annotai su quelle pagine le ricette che ci preparava la cuoca di casa, una gentile ed esile donna friulana che nella sua vita era stata a servizio in diverse parti d'Italia imparandone ogni volta le ricette locali. Lei mi insegnò a preparare le Zeppole napoletane dette di San Giuseppe e il vero Strudel di mele.
Certo mi incuriosivano le ricette che non facevano parte della tradizione lombarda e familiare, ma più di tutto mi interessavano le tecniche per la loro preparazione, i segreti della cuoca, per così dire, quelli che impari soltanto sul campo vedendo come si fa e provando sotto la guida di un occhio esperto.
Qualche tempo dopo avviai una nuova raccolta che conservo ancora e nella quale insieme a spunti, preparazioni e ricette anche internazionali cominciai ad aggiungere annotazioni storiche, nutrizionali ed a volte addirittura curative: era già l'avvio di un progetto che allora non mi era ancora del tutto chiaro ma che non si è più interrotto e che ha portato al desiderio ora avviato di scrivere libri su questo argomento.
Così sono nati i miei libri Cucina Mediterranea. La Storia nel Piatto
e Mediterraneo - In viaggio tra Storia e Gastronomia
Se questi libri avranno successo, soltanto il tempo lo dirà ma ... incrociamo le dita.
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