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4 giugno 2013

Il Garum

Il Garum é una salsa, la più famosa salsa dei tempi antichi e la più diffusa nell'impero romano. Era il ketchup di quei tempi, tutti la volevano e la usavano con tutto.
E' un esempio eccellente della capacità romana di diffondere mode, ma anche di trasformare un prodotto in una vera e propria avventura imprenditoriale su larga scala nell'impero. Una capacità che, a vedere da quello che sta succedendo in Italia oggi sembra proprio non esistere più.
Veniva venduto confezionato in anfore dalla forma caratteristica ed spesso, quando era di ottima qualità e di bel colore, veniva servito o conservato in bottiglie di vetro.
Ecco qualche notizia su che cos'era e su come era prodotto.


Nato forse negli insediamenti greci sulle rive del Ponto, il Garum (Γάρον in greco) era conosciuto più anticamente dai Romani anche come Muria, termine usato forse genericamente per le fermentazioni sotto l'azione del sale marino. Per molto tempo si è parlato male di questo condimento, ottenuto dalla fermentazione sotto sale di pesce di piccola taglia, uova di pesce ed anche parti meno pregiate o di scarto e sangue di pesci di grossa taglia come il tonno, che invece oltre ad essere un prodotto raffinato
e particolare assolveva a vari usi oltre a quello alimentare, non ultimo quello farmacologico sia per gli uomini che per gli animali avendo proprietà antinfiammatorie e disinfettanti simili alla tintura di iodio ed anche digestivo. Il Garum veniva usato contro la scabbia degli ovini, le ustioni recenti, i morsi di cane e coccodrillo, per guarire le ulcere, la dissenteria, come disinfettante intestinale o per malanni delle orecchie, avendo qualità antibiotiche. Columella nel suo De re rustica lo annovera tra i rimedi contro la pestifera labes che prende le cavalle e che in pochi giorni le conduce alla morte. La terapia consisteva nel versare quattro sestari di Garum (corrispondenti a circa 2 o 3 litri) nel naso dell'animale. Oggi sappiamo che la fermentazione può indebolire alcuni elementi nocivi dei cibi e trasformarne le qualità.
Questa preparazione è l'antenato di quasi tutte le salse mediterranee e perciò vale la pena saperne di più. Siamo fortunati, perché tanti importanti autori latini ne hanno parlato, spesso riportandone le ricette.

Era ottenuto dalla fermentazione del pesce, in origine alici ed un tipo di pesce di piccola taglia che i Greci chiamavano garos (γάρος) ma alcuni Garum particolarmente pregiati erano prodotti da uova di pesce, mitili ed anche pesci più grossi come sgombri e tonno mentre, sfruttando gli scarti di lavorazione gli stabilimenti di salatura del pesce ne ricavavano anche versioni più andanti per tutte le tasche. Era messo in commercio pronto all'uso come il ketchup di oggi e le migliori qualità non erano certamente a buon mercato.Piacque molto ai Romani che probabilmente lo conobbero grazie ai cuochi greci e se ne produsse in grande scala soprattutto sulle coste tirreniche della penisola italica e su quelle della Spagna ma anche in molte isole, sulle coste africane o sul mar Nero ed in Provenza alimentando  un commercio lucroso ed una vasta gamma di prodotti diversi a seconda dei pesci utilizzati, dei tempi di fermentazione e delle essenze aggiunte.
Si usava il Garum da solo ma anche combinato con vino ed aceto o allungato con acqua ed è noto che se ne aggiungeva all'olio per aromatizzarlo.
Tutti lo usavano, dai patrizi agli schiavi, ognuno secondo le possibilità economiche proprie o del padrone. In un frammento delle Geoponiche, opera del 900 dC che parla del mondo agricolo e di cui tra l'altro sono ignoti gli autori si dice:
[..]gettare in un recipiente interiora di pesce e piccoli pesci con sale e lasciare al sole mescolando frequentemente. Filtrare grossolanamente la salamoia in una cesta, dove rimane l'allec, la parte solida. Alcuni aggiungono anche due misure di vino vecchio per ogni misura di pesce. Se si ha bisogno di usare subito il garum senza tenerlo tanto al sole, si cuoce rapidamente mettendo il pesce in acqua di mare concentrata in modo che un uovo vi galleggi, fino a quando non sia ridotto abbastanza di volume, quindi si cola. Ma il fiore del garum si ottiene con le interiora, il sangue ed il siero dei tonni sopra cui si sparge sale e si fa macerare per due mesi.

Una salsa del tutto simile al Garum si trova oggi nei negozi che vendono prodotti provenienti dalla Tailandia e dal Vietnam dove si producono anche altre salse simili non esportate in occidente per il loro gusto estremo. E' la salsa Nuoc Mam molto diffusa in tutta l'Indocina la cui lavorazione, che coincide con quella della antica salsa romana, ha fatto nascere ipotesi su possibili antichi viaggiatori romani ed addirittura su un'antica legione dispersa nei territori orientali. Nelle Filippine la preparazione è ancora più vicina a quella del Garum originale.

Le fabbriche di Garum si trovavano sempre vicino agli allevamenti di pesce, alle tonnare o ai luoghi rinomati per la pesca ed alle saline: sul delta dell'Ebro in Spagna, a Pompei e lungo le coste della Campania, all'isola d'Elba, in Provenza, a Clazomene ed a Leptis Magna e sulla costa di Cartagine oltre che in Dalmazia ed in altre località del Mediterraneo. In molti di questi luoghi sono ancora visibili le rovine degli impianti di produzione di 2000 anni fa.
Il Garum vero e proprio era liquido, un liquido che cola. Da quì la confusione con il termine liquamen che in epoca classica con probabilità indicava semplicemente una emulsione di acqua e sale usata in cucina dove noi oggi usiamo sale fino. La produzione fu ripresa nel Medio Evo dai monasteri delle coste campane in Italia che, possedendo flotte da pesca importanti, mantennero ed affinarono la preparazione del Garum per sfruttare completamente il pescato.
Dalla sua lavorazione si otteneva anche un residuo più denso, simile forse alla pasta di acciughe, l'Hallec,  in Grecia chiamato ἄλιξ (alix) perché in origine si otteneva soprattutto dalle alici. Catone lo dava agli schiavi come companatico economico insieme alle olive ammaccate che cadevano per ultime dagli alberi, Orazio invece lo amava per accompagnare verdure fresche, rapanelli, lattughe e radici varie: ad Orazio, evidentemente piaceva il pinzimonio, per usare un termine attuale, insaporito con pasta di acciughe come si fa oggi a Roma per l'insalata di puntarelle. In una delle ricette dei libri di Apicio si mischia  il Garum con la senape per dare un tocco raffinato alle sarde arrostite, Varrone ne riporta una preparazione abbastanza semplice mentre Gargilio Marziale che ha scritto nel 250 dC ne fa la base di una salsa per la carne lessa. Dobbiamo a Marziale, nel De Medicina et de virtute herbarum, questa descrizione:
[...]si usino pesci grassi come sardine e sgombri cui vanno aggiunti, in porzione di ¹⁄з, interiora di pesci vari. Bisogna avere a disposizione una vasca ben impeciata, della capacità di una trentina di litri. Sul fondo della stessa vasca fare un alto strato di erbe aromatiche disseccate e dal sapore forte come aneto, coriandolo, finocchio, sedano, menta, pepe, zafferano, origano. Su questo fondo disporre le interiora e i pesci piccoli interi, mentre quelli più grossi vanno tagliati a pezzetti. Sopra si stende uno strato di sale alto due dita. Ripetere gli strati fino all'orlo del recipiente. Lasciare riposare al sole per sette giorni. Per altri venti giorni mescolare di sovente. Alla fine si ottiene un liquido piuttosto denso che è appunto il garum. Esso si conserverà a lungo.

Plinio il Vecchio nel Naturalis Historia lo mette tra le sostanze saline ed oltre a spiegarne l'origine elenca un certo numero di località famose per la sua produzione, i pesci più comunemente usati o tipici di alcune particolari produzioni e le qualità più rinomate. La sua definizione di liquor exquisitus ottenuto dalla macerazione di interiora di pesce insieme ad una osservazione non  benevola di Seneca in una sua lettera al figlio Lucilio hanno probabilmente alimentato l'idea che fosse pesce marcio ed in putrefazione, cosa che effettivamente poteva verificarsi quando non si usava la giusta dose di sale.
Catone scrisse molto e male della abitudine di condire un po' tutto con il Garum anche se lui stesso ne faceva uso e ne acquistava una qualità di terza scelta per i suoi schiavi. Era convinto che fosse una delle usanze peccaminose che, importate dai Greci, stavano corrompendo la romana semplicitas. I Romani, anche dopo averne acquisito i territori, non smisero mai di diffidare dei Greci: Timeo Danaos ac dona ferentes
Plinio racconta che il Garum  più buono era, secondo lui, il Garum sociorum, non un marchio di fabricazione ma semplicemente un termine per indicare che proveniva dalla Spagna dove si trovavano le più importanti produzioni di pesce salato che dominavano il mercato ittico dell'epoca. Era lavorato sulle coste iberiche da una società di origine fenicia, probabilmente tunisina anzi cartaginese, che lo esportava soprattutto in Italia: un prodotto molto costoso e ricercato preparato con gli sgombri che arrivando dall'Atlantico venivano intercettati dai pescatori lungo le coste spagnole e cartaginesi, come indica il nome particolare di Scombraria usato talvolta per questa particolare qualità.
Oltre al Garum sociorum se ne ricordano altre qualità, tra cui il pregiatissimo Fiore di Garum (Gari Flos), colatura semplice senza altri condimenti, il Garum castimoniale ottenuto da scaglie del pesce. Le migliori qualità erano costosissime, quasi quanto i più preziosi unguenti orientali e per questo si usava mescolarlo ad esempio con acqua (Hidrogarum), con vino (Oenogarum), con aceto (Oxigarum) ed anche con miele (Mellogarum) e spesso lo si aggiungeva all'olio per insaporirlo e preparare direttamente in tavola una sorta di vinaigrette.
Naturalmente non tutti  lo amavano. Seneca scrive con enfasi a Lucilio: quel Garum sociorum, preziosa poltiglia di pesci guasti, non credi che  ti bruci le budella? (illud sociorum garum, pretiosam malorum piscium saniem, non credis urere salsa tibi praecordia?). Per dirla latinamente,de gustibus disputandum non est !
Le qualità più stagionate probabilmente si allontanavano dal sapore originario del pesce ed avevano bouquet complessi, come si direbbe oggi, come succede oggi all'aceto balsamico di Modena che subisce fermentazioni e stagionature altrettanto lunghe ed elaborate e che ai nostri tempi potremmo definire un Garum moderno perché gli chef tendono spesso ad usarlo in modo quasi invadente in ogni menù o preparazione.

E' indubbio che molte salse ed abitudini alimentari mediterranee siano riportabili al Garum e senza andare fino in Indocina nella nostra cucina troviamo prodotti molto simili ed alcuni Garum autentici ed attuali. Prima fra tutti la famosa e squisita Colatura di Alici, fiore all'occhiello di Cetara bellissimo paese della costiera amalfitana, che è un tipo molto raffinato di Garum originale ricavato da alici pescate soprattutto in un determinato periodo dell'anno e la cui produzione artigianale, poco dissimile da quella antica, è nelle mani di manifatture familliari sostenute dalla Municipalità. Ma tante altre preparazioni, anche non mediterranee, gli sono collegate a volte per il modo di preparazione altre volte per il gusto. Citerò soltanto alcuni esempi presenti in questi territori come la Bottarga, il condimento del'insalata romana di puntarelle, la  Anchoïde  provenzale, la Taramosalada greca (Ταραμοσαλάδα) e la stessa Bagna Caôda, la più famosa salsa piemontese dove aglio, olio e acciughe sotto sale si fondono in una sapore forte ed allo stesso tempo delicato ottima per intingervi le verdure di stagione.
Tutto questo dovrebbe spingerci ad abbandonare la diffidenza ed a rivalutare questa antica preparazione che ha anche non poche proprietà farmacologiche.
L'uso del Garum dopo il 500 dC, salvo poche eccezioni, fu abbandonato nei territori che erano stati dell'impero romano d'occidente ma continuò in quelli dell'impero bizantino e fu ripreso anche dagli Ottomani dopo la presa di Costantinopoli.
Con l'avvento dell'Impero Ottomano, le nuove consuetudini  di vita e l'applicazione di una diversa legislazione sulla pesca portarono rapidamente all'oblio molti alimenti di origine ittica tra cui questa famosa salsa.

da Cucina Mediterranea - La Storia nel Piatto.



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