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30 maggio 2013

Non dimentichiamo la mitologia!


Ho sempre amato i miti, soprattutto quelli greco-romani e quelli indiani. Ne ho quasi un bisogno fisico.

Il primo libro che mio padre mi regalò prima dei miei 10 anni, si intitolava “Miti e Leggende”, aveva la copertina di tela di un intenso color rosso scuro e non era un libro per bambini.

Mi sono sempre chiesta perché lo avesse fatto ed ho trovato soltanto due possibilità: o anche per lui la mitologia era importante oppure aveva notato questa mia attrazione per questi racconti così straordinari.

Quando ho incominciato a leggere di psicologia, le mie preferenze sono andate verso quegli psicologi che in modo aperto hanno dato alla mitologia un’importanza grande, e in particolare, primo fra tutti ho amato Carl Gustav Jung ma anche l’antropologo Claude Lévi-Strauss.
In ogni situazione, sempre, mi piace trovare tracce di mitologia e nei cibi, naturalmente, anche soltanto nel nome o nel modo di servirlo. E non m’importa se è qualche cosa che viene dal passato o un’idea estemporanea del cuoco del momento.

La mitologia è il risultato di molti elementi uniti insieme. Certamente della capacità della nostra mente di immaginare, sognare gli eventi e di magnificarli introducendoli in una vicenda che potrebbe essere fantasiosa ma non abbiamo la certezza che lo sia.

Il mito nasce da un processo che è simile a quello del sogno, quando a ricordi reali recenti ma anche molto lontani, uniamo sensazioni fisiche del momento, stati d’animo, elementi legati ai nostri desideri, alle ansie ed alle paure, volti ed immagini che ci hanno impressionato per motivi diversissimi e diamo a questi elementi la forma di racconto visivo, mescolando tutto come quando cuciniamo una zuppa anche se in parte magica.

A costruire un mito, però, non è una sola persona ma generazioni di persone. Vuol dire che lì dentro troviamo le attese, i timori e le intelligenze, le sensibilità ed i remoti ricordi di tanti diversi individui, non di uno soltanto, come per i nostri sogni notturni uniti anche a molecole di realtà anche remotissima.

Ed in entrambi i casi nel sogno e nel mito, il deus ex machina non è la parte razionale, pragmatica di ognuno di noi, ma l’altra, quella un po’ trascendente e un po’ magica che risiede nascosta nel nostro intimo: la nostra parte di sacro.
Ecco perché i miti sono così potenti e così significativi, perché racchiudono informazioni molto ampie che si adattano a individui diversissimi e per tutti, anche per i più increduli o sordi alla fine hanno un significato.

Io amo tutto ciò che ha a che fare con il mito perché esprime il sacro che è nelle cose e di questo sacro non posso fare a meno.
Il mito è una realtà antica e sacra e per questo è avvolta in un velo che la ricopre, celandola alla conoscenza diretta con avventure, personaggi immagini e simboli, una realtà lontana e comune. Ne entreremo in possesso soltanto svelandola poco a poco, ognuno con i propri tempi e con le gocce di memoria antica che stanno dentro di lui.
Proprio come la monaca del koan che una notte vedendo la luna nell’acqua del secchio, capì.

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