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28 maggio 2013

Joško Gravner ed il vino nelle anfore

Non conosco di persona Joško Gravner , lo conosco soltanto per quello che ho appreso  di lui  e del suo amore per la terra ed il vino su web.

Il suo punto di vista mi è piaciuto. Corrisponde al 100% con quello che penso io con una differenza: lui oltre alle idee ci mette anche il suo lavoro e la sua fatica.

La mia ammirazione è nata prima di assaggiare il suo vino.
C'è qualche cosa di  semplice e di sacro insieme nel suo modo di pensare alla terra ed al vino, qualche cosa che risveglia echi e nostalgie di antichità.
Se ancora esistesse l'azienda vinicola che era della mia famiglia ed ancora fosse in vita mio padre sono pronta a scomettere che prima o poi anche lui proverebbe a fare il vino nello stesso modo.


Joško Gravner fa il vino in anfore interrate nel pavimento della cantina, proprio come è stato fatto fino al I° secolo avanti Cristo, anfore che Catone il Censore nel suo De Agri Cultura chiama Dolia.
Questo sistema ormai dimenticato si è conservato grazie ai piccoli vinicoltori del Caucaso meridionale, soprattutto della Georgia e dell'Armenia, che non hanno mai smesso di praticarlo anche se soltanto su piccola scala ed a livello familiare dopo le modifiche introdotte dal governo sovietico che hanno messo in grave pericolo la rinomata qualità dei vini di quelle regioni citati persino nell'Iliade e nelle Argonautiche, qualità che non dipende soltanto delle uve ma anche dall'antico metodo di lavorazione.


Joško Gravner  fa il suo vino nelle anfore lasciando a lungo nel liquido di spremitura graspi e vinacce e poi lo fa maturare per alcuni anni in grandi tini o grandi botti di legno, fino all'imbottigliamento.
Ma non si tratta soltanto di questo.
Tutto parte dalla cura della terra e della natura che devono essere sane, dall'attenzione nel trattare l'uva stessa ed i vigneti e dal fatto che questa vinificazione non ha bisogno di nessuna aggiunta di lieviti né di refrigerazione ma soltanto di molto lavoro.
Insomma non è un semplice sistema di coltivazione ma una filosofia, quasi una religione.
Per capire meglio vi consiglio di guardare questo video e di leggere questa intervista.


Gravner è stato il primo in Italia a sperimentare coraggiosamente questo metodo antichissimo, che tutti avevano abbandonato da circa 2000 anni. Un metodo che certamente la vinicultura moderna ed estensiva, che come tutta l'industria di oggi ha l'obiettivo del continuo aumento della produzione, delle vendite e dei guadagni, non potrebbero mai permettersi perché richiede molta perizia ed attenzione, troppa, e soprattutto un cambio totale di intenti.

Non sto facendo pubblicità ai vini di Gravner  che non ne hanno bisogno ma al suo modo di porsi verso il mondo.

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